Non sposate le mie figlie!

Un film di Philippe de Chauveron. Francia 2014

Durata 97 min.

Film  sull'integrazione,  sul  razzismo,  sull'immigrazione  e  sui  matrimoni  misti,  accattivante  e inoffensivo  che  vola  leggerissimamente  su  tematiche  impegnative.  Ironia,  romanticismo  e sentimento  sono  dunque  gli  ingredienti  di  questa  commedia  originale  e  molto  gradevole  in 

perfetto  stile  francese,  che  si  regge  sostanzialmente  sul  buon  ritmo  delle  sue  battute  soavi  e ciniche allo stesso tempo, senza mai risultare pesante o volgare.

Trama

Claude e Marie Verneuil  sono una coppia borghese, cattolica e gollista. Genitori 

di quattro figlie, tre delle quali coniugate rispettivamente con un ebreo, un arabo 

e  un  asiatico,  vivono  nella  loro  bella  proprietà  in  provincia  e  pregano  dio  di maritare  la  quarta  con  un  cristiano.  La  loro  preghiera  viene  esaudita.  Euforici all'idea di celebrare finalmente un matrimonio cattolico, ignorano che Charles, il futuro  marito  della  figlia  minore,  ha  origini  ivoriane.  Alla  delusione  si  aggiunge l'animosità  del  padre  di  Charles,  ex  militare   intollerante  e  insofferente  alla colonizzazione europea dell'Africa. Tra provocazioni, alterchi e vivaci scambi di vedute, l'amore avrà naturalmente la meglio.

Scheda “My Movies”

Paolo Virzì, con la collaborazione Nel 1967 in America usciva il film di Stanley Kramer “Indovina chi viene a cena?”, una storia d'amore 'in bianco e nero' (ma a colori) che sceglieva il registro della commedia per parlare di un conflitto in quegli anni tutt'altro che risibile: l'incrocio sessuale delle razze. Se il padre di  Spencer Tracy  doveva lottare con la propria coscienza e col medico nero  di  Sidney  Poitier,  che  chiedeva  consenso  e  benedizione  per  sposare  la  sua  Joanna, 

monsieur Verneuil ha deposto le armi e accettato di buon grado i matrimoni delle sue figlie con l'altro,  con  gli  altri.  A  Claude  e  Marie  Verneuil  non  resta adesso che  una  cena  in  città in  cui accomodare l'ultimo genero, finalmente cattolico e già adorato perché si chiama Charles, come il presidente de Gaulle. Ma il loro Charles, nero, ivoriano e in procinto di sposare la   loro quarta figlia, è la goccia che fa traboccare il vaso e il razzismo ordinario che sta alla base del successo 

della commedia multietnica di Philippe de Chauveron. 

Commedia francese che gioca sull'identità, la differenza, la religione, il razzismo e naturalmente i  matrimoni  misti,  parlando  ai  comunisti  e  ai  gollisti,  o  più  genericamente  alla  sinistra  e  alla destra.  Muovendosi  nemmeno  troppo  sottilmente  tra  immigrazione  e  integrazione,  tra antisemitismo  e  globalizzazione,  materia  di  ardente  attualità  nella  società  francese,  Non 

sposate le mie figlie esibisce cliché e tabù e sviluppa l'opinione rimarcata dal personaggio di David Benichou secondo cui siamo tutti in fondo un po' razzisti. Soprattutto gli uomini, le donne viceversa nel film sembrano meno permeabili ai pregiudizi e istintivamente inclini alla tolleranza e all'alterità. Grande successo della stagione cinematografica francese appena trascorsa, Non 

sposate le mie figlie ha raccolto (ap)plauso e consenso anche fuori dai confini nazionali, in virtù della  regia,  della  sceneggiatura,  della  performance  attoriale  ma  soprattutto  del  tema  sociale svolto, che trova eco in altri territori di immigrazione. 

Lontano  dalla  temperata  ironia  di  Indovina  chi  viene  a  cena?,  Non  sposate  le  mie  figlie condivide nondimeno col film di Kramer, uno, due, tre e quattro generi rassicuranti. Generi a cui le due commedie assicurano un normale statuto sociale e professionale, ieri nel segno di un avvenuto  integrazionismo  kennedyano,  oggi  in  quello  dell'immigration  choisie  (l'immigrazione selettiva  e  discriminatoria),  predicata  da  Nicolas  Sarkozy  durante  la  campagna  presidenziale del 2012. Immigrazione che privilegia i lavoratori qualificati e utili all'economia nazionale, proprio come i generi di monsieur Verneuil, imprenditori, avvocati, banchiere, attori, che dimostrano di essere  persone  importanti,  di  fare  cose  importanti,  che  rassicurano  le  convinzioni  civili  dei suoceri  e  dei  consuoceri,  neanche  a  dirlo  ricchi,  borghesi  ed  evidentemente  intolleranti  ai francesi colonialisti e sfruttatori.

Intorno a un tavolo e davanti a un bicchiere di vino francese si risolvono poi le contraddizioni di questa commedia corale, che predica una chance (gli immigrati sono francesi come gli altri e hanno gli stessi diritti degli altri, il matrimonio è una cosa buona e bella e tutti siamo fratelli) e poi  bazzica  un  patriottismo  un  po'  desueto,  forzando  tout  le  monde  a  dichiarare  l'orgoglio nazionale con la mano sul cuore. Non sposate le mie figlie alleggerisce con la risata ecumenica 

l'inquietudine e le contraddizioni che agitano la società francese, 'celebrando' col matrimonio un sentimento di disagio condiviso. È il razzismo partecipato a renderci davvero simili. Integrazione raggiunta insomma, non contro il pregiudizio ma grazie al pregiudizio. 

Tratto da “Mymovies.it”

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