Ally fa la cameriera di giorno e si esibisce come cantante il venerdì sera, durante l'appuntamento en travesti del pub locale. È lì che incontra per la prima volta Jackson Maine, star del rock, di passaggio per un rifornimento di gin. E siccome nella vita di Jack un super alcolico tira l'altro, dalla più giovane età, i due proseguono insieme la serata e Ally si ritrova a prendere a pugni un uomo grande il doppio di lei, reo di essersi comportato da fan molesto. Il resto della storia la conosciamo: la favola di lei comincia quando lui la invita sul palco, rivelando il suo talento al mondo, poi sarà con le sue mani che scalerà le classifiche, mentre la carriera e la tenuta fisica e psicologica di lui rotolano nella direzione opposta, seguendo una china oramai inarrestabile.

La stessa storia, che nelle parole del personaggio di Maine, e nella versione di Bradley Cooper, terzo remake di uno dei melodrammi di maggior fama e successo della storia del cinema, assume l'immagine figurata delle dodici note che separano un'ottava dall'altra: la stessa dozzina, che può però produrre un suono molto diverso a seconda di come la si guarda.

Cooper, insomma, mescola a parole musica e cinema, nel nome dello spettacolo. Tramontata l'epoca dell'ingenuità esibita di Judy Garland e dell'espressività teatrale di James Mason (di cui non rimane che una battuta di dialogo), lontana parecchio anche dallo spirito anni Settanta del secondo remake, con Kristofferson e Streisand (citato nella scena del sopracciglio finto e, in qualche modo, con l'esistenza di un ranch), la versione di Bradley Cooper e Lady Gaga è più interessante per il modo in cui scompiglia ulteriormente le carte di genere dei personaggi e legge il vuoto del presente, piuttosto che per il risultato cinematografico, decisamente modesto.

Procedendo inizialmente in senso inverso, il nuovo 'È nata una stella' spoglia l'attrice protagonista dei tanti travestimenti che hanno lanciato la sua carriera fuori dalla finzione, per offrirle una reale verginità d'immagine, che corrisponda all'esordio nel campo del cinema. Sempre fedele all'amore per il suo Jackson, e dunque fedele allo storia del personaggio attraverso i film, la Ally di Lady Gaga viene ad un certo punto accusata dal suo partner, con preoccupazione e affetto, di stare smarrendo la fedeltà a se stessa.

L'appunto, comunque lo si voglia etichettare, se classico o retorico, sposta su di lei un aspetto che in precedenza era proprio del personaggio maschile, ridotto a pupazzo senza volontà dalle logiche dello star-system, ma assume un segno del tutto opposto. Per quanto, infatti, mal gestito, soffocato da una lunga serie di sequenze poco memorabili e da un'inutile deviazione nei traumi infantili di Jack, l'orgoglio ultra pop della protagonista fa ugualmente capolino, al di là delle preoccupazioni di una rockstar sentimentale ma sorpassata, ed è il più evidente segno dei tempi e la sola quota d'originalità del film. 

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